GENNAIO 2023

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LE NOSTRE STORIE – Geoffrey Hoppe

Di recente ho fatto una chiacchierata con Adamus sul tema “Le nostre storie”. Ne parlerà allo Shoud del 7 gennaio, ma io lo precederò in questo articolo.

La nostra vita è un insieme di storie e tutti ne abbiamo. Sono molto reali in senso fisico e psicologico, eppure sono solo storie. Anche Tobias, Kuthumi e San Germain hanno le loro storie.

Tobias, il pio ebreo che ha rispettato tutte le regole religiose solo per essere punito Dio, perdere la vista e alla fine vedersi sottrarre i suoi beni. Tobias morì nella cella di una prigione, ma non prima che un uccello si avvicinasse alla finestra della sua prigione e ispirasse la sua Realizzazione. Poi c’è Kuthumi, con la sua storia in cui ebbe un esaurimento nervoso e rimase a letto per due anni e per due anni conversò con la sua anima Ah-Kir-Rah finché non permise la sua Realizzazione. Nella sua storia continuò a camminare di villaggio in villaggio per i successivi 20 anni.

Poi c’è San Germain. L’ho lasciato per ultimo perché naturalmente la sua storia è la più grande. Una delle sue storie (davvero molto teatrali) riguarda i 100.000 anni che trascorse intrappolato in una prigione di cristallo. Inoltre, la sua vita come St. Germain; fu cresciuto in Romania dalla famiglia Rákóczi e all’età di 20 anni partì da solo con le tasche vuote e diventò una delle figure più ricche e influenti dell’Europa del XVIII secolo.

È una vera sfida considerare le nostre storie come “solo storie” quando siamo nel bel mezzo della sceneggiatura e della vita. Siamo accecati dai dettagli, invischiati nei drammi e a volte sopraffatti dall’ansia di come andrà a finire la storia. Abbiamo la tendenza a guardare il brutto sottopancia della storia piuttosto della sacra visione d’insieme e inoltre quasi sempre pensiamo che sia più una questione di destino crudele che di una storia molto creativa e fluida.

LE STORIE

Come Shaumbra, penso che noi tendiamo a inserire molta sofferenza nelle nostre storie in modo che un giorno potremo raccontare ai Nuovi (e a noi stessi) l’inferno che abbiamo attraversato per essere tra i primi a ottenere la Realizzazione nell’Era delle Macchine. Dopo tutto sono proprio gli elementi di sofferenza, il dramma e le difficoltà (che?) rendono le storie buone storie – o almeno così abbiamo creduto.

Tutti noi abbiamo delle storie e tutti noi abbiamo il libero arbitrio di prendere in considerazione le nostre storie come vogliamo, da qualsiasi angolazione o direzione. Dalla prospettiva della piena coscienza noi siamo in grado di vedere ogni parte della nostra storia – le cose belle e quelle brutte -ma con uno spettro di coscienza più limitato noi tendiamo a considerare le nostre storie da prospettive più cariche di emozioni.

Alcune persone non hanno quasi nessuna prospettiva, cioè sono a malapena consapevoli della loro storia. Noi possiamo considerare le nostre storie dalla prospettiva del Drammatico, del Senza Amore, della Vittima, del Vagabondo senza Speranza, del Guerriero Giusto (che lavora per la causa), del Patetico, dello Sprovveduto o forse dell’Unto dal Signore. Noi possiamo considerare le nostre storie dalla prospettiva degli occhi della nostra Anima, dove l’Anima è come un genitore spirituale che guarda suo figlio che cade dalla bicicletta più e più volte ma non può interferire con l’esperienza di imparare ad andare in bicicletta, a prescindere da quanti graffi e contusioni si verifichino lungo il percorso.

Le vostre storie sono una serie di esperienze umane e divine e come percepite la storia dipende esclusivamente da voi. Non importa come vedete le vostre storie; alla fine arriverete allo stesso capitolo finale in cui giungete alla Realizzazione e vivete con gioia sul pianeta. Riesco quasi a vederlo…. Sono seduto al parco, sulla mia panchina preferita parco con un grande sorriso sul viso mentre leggo “Le mie storie: La vita e i tempi di un umano che un tempo lottava, ma che ora è un maestro saggio”. Mi vedo leggere quel libro più e più volte e piango nei momenti più opportuni, resto con il fiato sospeso in certi punti di svolta, perseguitato dal dubbio e dall’incertezza, ma come personaggio secondario c’è un angelo che entra in scena nel momento di maggior bisogno e di massima disperazione. L’angelo non dice mai nulla; nelle mie storie solo la sua presenza mi porta conforto e sollievo. Nell’ultimo capitolo del mio Libro della Vita io chiedo alla mia Anima: “Chi era l’angelo che arrivava nelle mie ore più buie?”. La mia Anima ride e mi dice che era il mio Sé dal futuro che veniva ad assicurarmi che tutto si sarebbe risolto. Il mio Sé del futuro salta dal capitolo finale ai capitoli precedenti per assicurarsi che io scriva e viva il capitolo finale.

Voi potete guardare la vostra storia in tutti i modi che volete perché è proprio questa l’emozione di essere l’autore, il curatore, il protagonista e l’editore del vostro libro della vita. Per esempio, io potrei percepire la mia vita in molti modi e arrivare comunque al capitolo finale:

Il Povero Geoffrey – Sono nato in una famiglia numerosa e disfunzionale in cui ho ricevuto poca guida o attenzione da parte dei miei genitori. Io avevo il compito di prendermi cura dei miei fratelli più piccoli e non ho avuto il tempo di godermi la mia infanzia.

I miei genitori non potevano permettersi di mandarmi all’università e quindi a 17 anni mi sono arruolato nell’esercito. Negli anni successivi ho dovuto strisciare e arrancare per ottenere tutto ciò che avevo nella vita. Alcune persone si sono approfittate della mia ingenuità e dato che lavoravo sempre molto duramente non ho mai potuto godere dei piaceri della vita.

Bla, bla, bla. Buu-huu. Poi, nel momento più buio della mia vita, una notte mi apparve un angelo di nome Tobias e mi disse: “Sono qui per lavorare con te.” Cosa? Ancora lavoro? Povero me.

Il Saggio Geoffrey – Sono nato in una grande famiglia disfunzionale, ma la buona notizia è che ho imparato molto sulla natura umana. I miei genitori erano molto impegnati ad alimentare la loro follia e quindi io ho potuto fare ciò che volevo senza troppe interferenze o piccoli tentativi di gestirmi. A 17 anni ho lasciato la casa per vedere il mondo e l’ho fatto. La mia carriera mi ha portato su diverse strade, ma il fine di tutto tutto era affinare le capacità che avrei usato più tardi nella vita con il Crimson Circle. Nell’esercito, con il ruolo di specialista dell’informazione al pubblico ho imparato a prendere documenti aerospaziali molto tecnici e trasformarli in articoli di riviste e comunicati stampa comprensibili al lettore medio.

Durante i miei 20 anni di lavoro nel marketing  ho imparato a sviluppare la comunicazione per i miei clienti e i loro prodotti e inoltre ho imparato l’importanza delle comunicazioni concise e mirate. Nei miei anni di lavoro presso la società di telecomunicazioni aeronautiche che ho contribuito a creare ho imparato come trasformare un concetto approssimativo disegnato su un tovagliolo di carta in una vera e propria azienda quotata in borsa al NASDAQ. Ho imparato a superare sfide apparentemente insormontabili come gestire un’azienda solida e come capire quando è il momento di proseguire. Poi, in uno dei momenti più impegnativi della mia vita, una notte mi è apparso un angelo di nome Tobias e mi ha detto: “Io sono qui per lavorare con te”. Avevo sempre avuto una passione per il mio lavoro umano, ma ora la vera passione della mia vita riguardava me.

Qualche anno dopo abbiamo fondato il Crimson Circle, la mia compagnia di aviazione mi ha licenziato (grazie al cielo) e Linda e io abbiamo iniziato a viaggiare in ogni angolo del mondo per incontrare gli Shaumbra. Stavo vivendo una vita da sogno.

Il fatto è che di solito vediamo le nostre storie da molte prospettive diverse. In passato spesso vedevo la mia storia dal punto di vista del Povero Geoffrey perché in quella storia avevo un’enorme croce da portare e per qualche strana ragione, pensavo che portare la croce fosse il mio destino. Ah! Ora mi rendo conto che stavo scambiando la croce dei fardelli con la Croce del Cielo. Ma Dai! Entrambe sono croci, ma con prospettive molto diverse.

Qual è la vostra storia? Come volete vedere la vostra storia? Siete pronti a guardarla con occhi chiari e luminosi e non più con i vostri vecchi occhi tristi? Conosco alcuni Shaumbra che hanno progettato vite davvero geniali focalizzate sulla loro Realizzazione anche a scapito del godimento delle normali esperienze babbane, ma poiché erano immersi nella loro storia non sono riusciti a vedere la genialità del percorso di vita che alla fine li avrebbe portati alla realizzazione incarnata e oltre.

Un ultimo punto, prima che Adamus mi fermi per avergli rubato la scena: le storie delle nostre vite attuali e delle vite passate sono molto vive e infatti continuano a svolgersi sulla Terra e negli altri reami. Ogni mia storia triste che ho rivisitato era pronta per essere trasformata in una storia saggia. Il passato non è finito – aspetta solo di essere riscritto in accordo con la vostra nuova saggezza e prospettiva.

IO SONO LA GRAZIA – Kim Seppala

Ho sempre ammirato la capacità dei gatti di cadere da grandi altezze e atterrare dolcemente sulle zampe, come se la caduta fosse un’acrobazia orchestrata con grande attenzione. Al contrario, le mie cadute tendono a essere goffe e dolorose e la più dolorosa e significativa di tutte è la caduta dalla grazia o la caduta in disgrazia. Io so di non essere l’unica; noi siamo tutti angeli caduti in fase di ascensione verso la grazia (sì, anche tu, Lucifero).

Di recente ho avuto il piacere di partecipare al seminario di Adamus “Restare nella grazia”. La grazia è tragicamente fraintesa. Nel contesto religioso e soprattutto nel cristianesimo la grazia significa ricevere il perdono o la misericordia immeritata da parte di Dio; ciò implica che noi esseri umani siamo peccatori e ‘rotti’ finché Dio non ci redime. Non sembra una cosa molto graziosa intesa come piena di grazia, vero?

Come mai il peccato è stato coinvolto nel concetto di grazia – e quali definizioni alternative potrebbero esserci? Ecco la mia ‘distillazione’ del seminario: la sofferenza è causata dall’illusoria percezione di sé di essere peccatori o non completi che deriva dalla convinzione di essere separati  dal divino. La grazia è ricordare e accettare Dio dentro di noi ed è anche la chiave per liberarci dalla sofferenza. In altre parole, non c’è alcun bisogno che Dio ci perdoni; piuttosto siamo noi che abbiamo bisogno di ricordarci che siamo anche Dio. Io Sono – e quindi io sono la grazia.

La grazia e l’integrazione sono due facce della stessa medaglia. La grazia è lo stato naturale che segue l’integrazione e d’altra parte più permettiamo la grazia, più è facile integrare gli aspetti frammentati.

Vi capita mai di provare un profondo dolore al cuore? Una specie di dolore fisico al petto o un dolore profondo e inspiegabile che permea le diverse incarnazioni. A volte viene definito “scarsa autostima”, ma in realtà è il trauma dell’essere caduti dalla grazia o in disgrazia. La mia teoria è che il crepacuore umano è così doloroso perché ci ricorda il dolore originario, quello provocato dall’anima che “lascia” la casa dell’Io Sono. È il problema dell’abbandono originario, è lo shock della separazione dal divino. Io immagino che il dolore della separazione si possa avvertire in modo più forte sulla Terra poiché la dimensione terrestre è stata la più chiusa alle dimensioni “superiori”. Inoltre ciò implicherebbe che l’imminente apertura della Croce del Cielo sia una sorta  di ascesa planetaria nella grazia.

Per me è stato profondo ricordare le molte vite che ho vissuto sentendomi abbandonata dal divino. Il mio cuore soffre perché è  consapevole che anche in questa vita mi sono abbandonata innumerevoli volte e allo stesso tempo provo un grande sollievo sapendo che per sopravvivere non ho più bisogno di abbandonarmi o meglio sapendo che qualunque cosa accada io non posso più abbandonarmi.

Quando penso alla grazia, io vedo la forma di un cuore – un cuore alato che si espande e abbraccia per sempre tutte le parti di me .

Si solito la grazia viene confusa con la facilità, ma come nella danza classica la grazia è bella ma non è sempre o necessariamente facile. Dopo tutto noi viviamo sulla Terra in un momento di grande trasformazione e intensità e se siete amanti del comfort e della facilità beh, avete scelto il pianeta sbagliato.

Quando tutto nel vostro ambiente sembra scegliere qualcos’altro, serve molta consapevolezza e umorismo per scegliere la grazia. Ecco il mio consiglio: quando sarete stanchi della pazzia del mondo, andate a Kona; è più facile scegliere la grazia in un posto che vibra con la frequenza della bellezza e del relax, ma ricordate che non c’è alcuna garanzia di comfort (il vulcano Pele potrebbe sorprendervi con un’eruzione o con onde spaventosamente alte).

Di recente ho visto il film “Caccia al Ladro” con Grace Kelly che è un esempio calzante di una persona che ha padroneggiato l’atto della grazia; dal nome a come si muove e parla, in lei tutto sembra esaltare la grazia e anche tutto ciò che la riguarda sembra trasudare grazia. Mi sono sintonizzata con la sua energia e ho conversato con lei (è sempre divertente chiacchierare con una principessa morta). Grace mi ha detto che nella sua vita la sua passione è stata proprio quella di incarnare la grazia – prima come attrice e poi nel suo ruolo come principessa di Monaco. Mi ha anche rivelato che anche se è stata in grado di interpretare il ruolo della grazia, nella sua vita ci sono stati molti momenti in cui non sentiva la grazia. Ricorda di aver provato la massima grazia quando era persa nel momento – soprattutto quando era alla guida di una decappottabile o era a cavallo o mentre scopriva qualcosa di nuovo legato all’espressione creativa (ad esempio quanto è divertente recitare in una scena diretta da Alfred Hitchcock). In altre parole, quando era del tutto presente. Per la prossima vita il suo desiderio è preoccuparsi meno di apparire nella grazia e di essere nella grazia.

Quindi, ecco a voi: per vivere nello stato di grazia non avete bisogno di apparire aggraziati – basta che siate presenti.

La settimana dopo il seminario la vita mi ha presentato molteplici opportunità di integrare i miei ostacoli nei confronti della grazia. Era la situazione perfetta: finalmente stavo per incontrare l’uomo che con coraggio era entrato nella mia vita e speravo in una nuova storia d’amore. Nel giro di pochi giorni i miei sogni si sono infranti, le mie speranze sono crollate e si sono scatenate le mie emozioni di inutilità e di dubbio. Inoltre, la vita (o il mio drago) ha inserito nel mix un attacco di Covid per assicurarsi che il mio equilibrio fosse adeguatamente scosso.

In quei giorni sono sicura di essere stata tutt’altro che aggraziata e anche se sarebbe stato allettante vedere quegli eventi come un “cedere alla grazia” o uno “scivolare dalla grazia”, in realtà è stato l’opposto: un intervento divinamente sincronizzato e progettato per aiutarmi a tornare alla mia verità e ad approfondire la connessione con la mia anima o almeno questa è la mia versione della storia. Con mia sorpresa, quegli eventi mi hanno portato dritto alla mia grazia. Riuscivo davvero a sentire la grazia che scorreva nel mio corpo, riuscivo a sentire la grazia che parlava della mia verità e riuscivo a percepire la grazia che brillava nel mio cuore.

Proprio come negli ultimi due anni il drago mi ha insegnato ad accettare le mie ombre interiori (che bei ricordi…), la grazia mi sta insegnando ad accettare la mia luce interiore. È facile essere un piccolo umano sulla Terra o un grande Dio in cielo, ma essere un grande umano sulla Terra richiede coraggio – e tanta grazia – la grazia intrepida, coraggiosa o il coraggio “grazioso” – la qualità speciale che si trova solo negli angeli caduti che hanno recuperato le loro ali.

La cosa bella è che quando vedete la vita attraverso il senso della grazia si accendono anche molti altri sensi angelici come la bellezza, la gratitudine e l’amore. A proposito di amore, ecco la mia definizione di grazia: la grazia è uno stato di amor proprio illuminato. La grazia è essere così presente con la propria anima che anche la vita umana, che a volte risulta imbarazzante inizia a brillare di magia, di scopo e di eloquenza.

NESSUN RIMPIANTO – Anna Taipale

Sulla Big Island, alle Hawaii mi sto rilassando sul lanai mangiando un’omelette. Kuthumi è al mio fianco e facciamo una piccola chiacchierata che si trasforma in strati di ritorno a casa.

Mentre mi godo l’aria piena di pioggia e sento la brezza dell’oceano, Kuthumi mi trasmette un’immagine-sensazione-sentimento di com’era solito sedersi (quando non camminava) sulla veranda durante la stagione dei monsoni e visitava il suo paese d’origine e stava con se stesso.

Desiderosa di esplorare l’isola e di godermi appieno la mia casa dell’anima, per qualche giorno mi sono ammalata, un’esperienza che mi ha offerto un gradito radicamento e un’esperienza che mi ha fatto sentire ansiosa e mi ha fornito uno spazio dove  far riemergere l’ansia. Quanto più a fondo ho permesso questo riposo e questo reset, più il rimpianto e la nostalgia hanno gonfiato il mio cuore.

Il rimpianto di non poter andare in giro, la paura di perdere qualcosa, il rammarico per l’ennesimo giorno di ritardo nel mio progetto creativo (e il rammarico di aver messo da parte la mia creatività a vantaggio di altri lavori). La nostalgia di un rapporto lasciato anni fa e la mancanza del condividere quotidianamente una bella vita con una persona sicura e amorevole. Il desiderio di legami paritari e pieni di anima. La delusione di non essere del tutto soddisfatti dagli altri e dal compromesso. Le cicatrici morbide ma ancora visibili di relazioni dissolte.

Mentre i sentimenti affiorano senza filtri, mi rendo conto che l’attuale desiderio ha molto a che fare con la finalizzazione di questa vita, con gli addii alle persone che ho amato e con la mancanza di tutti i luoghi e i paesaggi che ho chiamato casa. Io sento il mio viaggio umano e affiorano i ricordi della freschezza e dell’innocenza delle prime esperienze legate all’abitare un corpo – così leggero, così fugace, dentro e fuori, pura gioia – e le successive sperimentazioni, le ferite in battaglia, la saggezza, le delizie, le difficoltà e le semplici meraviglie della vita umana.

Tutto questo desiderio e rimpianto non deriva tanto dalla mia vita attuale, ma dal fatto di essere il filo conduttore di molte vite passate che ora stanno riaffiorando e tornano a casa per essere integrate. Oh, il profondo dolore di quelle espressioni della mia anima che hanno pensato che le loro vite fossero “sprecate”, i martiri che muoiono insoddisfatti, le loro missioni incomplete, il mondo ancora in disordine e i cuori non ancora riparati. Invece è solo una percezione che qualcosa sia sprecato o perso.

La percezione della separazione, della mancanza di completezza, dell’essere da qualche altra parte o con qualcun altro rispetto a dove è necessario essere e dell’illusoria percezione del tempo. Non c’è mai nulla che l’anima non sia. L’anima è il rimpianto, il dubbio, i giochi, l’influenza che appesantisce il corpo, la scoperta di un’esistenza e di un amore perennemente aperti e il viaggio umano – e tutto ciò che va oltre.

Di recente ho partecipato al seminario su Il Viaggio nel Tempo e abbiamo parlato di probabilità e di potenziali. C’è una registrazione con lo stesso titolo uscita molti anni fa che ho ascoltato di tanto in tanto e l’ho trovata molto  toccante e applicabile al mio viaggio e mi ha aiutato a capire come, nella maggior parte dei casi noi ci teniamo piuttosto chiusi rispetto a noi.

A tutto ciò si è sovrapposta un’osservazione fatta lavorando con i miei clienti. Io riuscivo a percepire la loro energia e sentivo la differenza tra la traiettoria limitata e modellata della loro vita e i potenziali d’oro che ribollono nella loro energia, ma che raramente sfruttano o scelgono per esistere. A quel punto ho dato inizio a un  mio tipo di pratica terapeutica in cui invece di canalizzare per le persone, dando loro un calcio nel sedere potevo ispirarle ad assumersi la piena responsabilità della loro vita e delle loro energie. Molti lo fanno e quindi avvengono trasformazioni profonde e i sogni si manifestano.

A mio avviso, attingere consapevolmente ai nostri potenziali richiede sicurezza interiore, compassione e mettere fine (al?) ‘bypass’ spirituale. Ciò significa integrare i concetti di saggezza e mettere da parte la guarigione infinita, le  prospettive limitate e gli schemi di indegnità.

Per me il fattore decisivo è sempre stato l’amore verso se stessi e quindi i doni che siamo disposti a offrirci. A volte il dono consiste nel guardarsi dentro in modo onesto e approfondito affrontando e liberando (non trascurando o negando)  i blocchi illusori della vergogna, dell’invidia, del confronto, del dubbio, dell’irresponsabilità e del senso di colpa, tutti giochi (che?) tendono a tenere a bada i nostri potenziali più brillanti. Sebbene le prospettive limitate di noi siano sono espressioni dell’anima – come ogni altra cosa – quando crediamo di essere meno che completi e recitiamo la parte dell’umano piccolo, senza dubbio attiriamo dalla nostra stessa energia (a cui diamo inconsciamente dei comandi) solo piccole probabilità umane.

Esiste anche il potenziale di una fusione e di un avvicinamento molto fluidi di tutte le parti di me in questa vita umana: vivere la vita nella gioia e nell’amore per quello che siamo veramente. Quando non c’è nulla da raggiungere e nulla da rimpiangere, allora non c’è resistenza a fare esperienza della mia energia nel suo flusso non frammentato. Questo prisma pieno di compassione mi libera e mi permette di fare l’esperienza di ogni potenziale che scelgo e di manifestare i sogni del mio cuore. Sento che questo è il motivo per cui ora questi aspetti/sfaccettature alzano la testa – hanno ricevuto il promemoria che il loro ascendente designato ha finito di giocherellare con visioni limitate.

IL BATTITO DEL CUORE SHAUMBRA – JEAN TINDER

LE RADICI E L’EQUILIBRIO

È interessante notare in che modo la vita si riflette dal micro al macro: come le “piccole” cose e le “grandi” cose scorrano seguendo schemi simili – come sopra così sotto. Questo tipo di “eco” o dinamica di riflesso ha fatto sì che di recente una semplice esperienza di vita quotidiana mi aiutasse a comprendere meglio come gestire alcune grandi cose che stanno per arrivare.

Io ho permesso a una relazione davvero meravigliosa di entrare nella mia vita e di recente ho diviso il tempo tra casa mia e casa sua. È una situazione di vita curiosa quella di “bi-localizzarsi” regolarmente e per la mia umana è una cosa del tutto nuova da capire. Quali scarpe mi serviranno in città questa settimana? Devo portare a casa quella giacca? Dove ho lasciato il mio maglione caldo? A volte mi confondo, ma di certo è un “problema di lusso”,  cioè un piccolo inconveniente rispetto al motivo gioioso per cui sta accadendo, ma ogni tanto presenta alcune sfide.

Qualche settimana fa mi sentivo “spenta”, scontenta e un po’ scontrosa. Dopo un po’ di esplorazione interiore ho trovato il problema: con tutto quell’andare avanti e indietro e dovendo tenere d’occhio dove si trovano le cose e gli impegni della settimana successiva ho detto al mio partner che mi sentivo “sradicata” e che la mia io umana si sentiva a disagio. Non era un problema da risolvere, ma solo qualcosa di cui essere consapevoli e quindi ho lasciato che fosse così. In questo caso, permettere significava lasciare che mi sentissi sradicata e inquieta.

Un paio di giorni dopo eravamo in studio per registrare il messaggio di Sam “State Bene” e Sam ha detto qualcosa che ha acceso una lampadina nella mia testa: (Distillato) Uno dei motivi per cui sono stato chiamato a casa è stato anche quello di tornare sul lato non fisico per aiutarvi a radicare e a bilanciare le energie. Ne avrete bisogno sulla Terra, sul lato umano, ma anche negli altri reami.

La Croce del Cielo significa semplicemente che sul pianeta la coscienza è arrivata al punto in cui la porta si aprirà. C’è più divinità, più coscienza, più energia e una maggiore accessibilità agli altri reami. Per le persone che comprendono e conoscono, man mano che i cieli si aprono e si intersecano tra loro sarà molto più facile fluire tra gli altri reami – tra la vostra anima e il vostro Sé. Al contrario per le persone che non sono radicate può anche risultare travolgente, perché all’improvviso avranno una grande quantità di nuova coscienza e più del loro Sé. Se una persona non è radicata, tutto ciò può davvero scuotere la mente e il corpo umano.

A livello umano tocca a voi restare radicati, ma avrete bisogno di essere radicati anche negli altri reami – mentre vi spostate rapidamente avanti e indietro e anche quando rimarrete sul pianeta e nella E. Voi siete umani e divini e quindi anche negli altri reami avrete bisogno di essere radicati per assicurarvi di mantenere un equilibrio, un flusso tra i reami. Senza il radicamento anche negli altri reami certo, voi potreste aprirvi al divino e visitare –  letteralmente – altri reami non fisici in cui potreste essere risucchiati e poi vi risulterebbe difficile tornare al vostro sé umano radicato.

In un certo senso, andare avanti e indietro tra i reami non è molto diverso dall’andare avanti e indietro tra le case. Io “appartengo” a entrambi i luoghi e per sentirmi a mio agio non ho bisogno di scegliere l’uno o l’altro, ma quando mi sento “sradicata” fino al punto di sentirmi disorientata, qual è la soluzione?

Ci hanno detto che è importante essere radicati – qui e là – ma a dire il vero per me è difficile immaginare di “radicarmi negli altri reami” perché il “terreno” è la terra – letterale – sotto i miei piedi in questo reame. Tuttavia, “radicamento” è un termine con cui il mio cervello può lavorare! Mentre Sam parlava io ho capito che non si tratta di radicarsi in qualcosa di esterno a me, ma di essere così radicati nel mio Sé che non importa in quale reame – o casa – mi trovo in un certo momento.

Qualche giorno dopo ho avuto l’opportunità di giocare con questa consapevolezza. Seduta in silenzio per portare un po’ di calma nella turbolenza pre-vacanziera ho fatto alcuni respiri profondi e mi sono ricordata dell’idea di “radicarmi dentro di me”. Ok, Sé, come funziona? Ho chiuso gli occhi, ho fatto alcuni respiri profondi e ho “osservato” che delicati viticci simili a radici hanno iniziato ad espandersi nel mio essere. Sembravano provenire dalla testa e scendere nel corpo (anche se altre volte sembravano provenire dalla zona del cuore) e avevano i vari colori della terra. Le mie radici, che si snodavano attraverso di me avevano una specie di saggezza che la mia mente non capiva. Mal di pancia? Mi avvolgevano con dolcezza lo stomaco, portando conforto. Tensione alle spalle? Accarezzavano i muscoli doloranti e mi rilassavano. Quei cinque minuti di radicamento in me stessa hanno creato un senso di radicamento ed equilibrio che ha influenzato in modo meraviglioso il resto della mia giornata! Non ho iniziato con un programma né cercando di “gestire” la mia immaginazione; ho solo respirato e ho ricordato l’idea di radicarmi dentro di me, l’ho scelta e poi ho osservato ciò che accadeva. Il mio corpo si è rilassato, la mia mente si è liberata e mi sono sentita in pace anche quando il caos delle vacanze si è fatto sentire.

La volta successiva in cui mi sono sentita sballottata dal movimento della vita mi sono presa un’altro un momento per radicarmi dentro di me e di nuovo e in modo immediato il mio essere umano si è calmato. Ogni volta che lo faccio l’esperienza è leggermente diversa, ma mi fornisce sempre conforto ed equilibrio. Inoltre, grazie alla natura micro/macro della vita, io sento che mi sta fornendo una buona pratica per mantenere l’equilibrio in ogni cosa che accadrà con la Croce del Cielo.

Sta accadendo qualcos’altro che richiede che io mantenga un equilibrio costante, ma una volta radicato dentro di me è stato più facile del previsto. Nel corso degli anni i miei figli adulti sono entrati e usciti da casa mia diverse volte e ciò significa che in cantina c’è un sacco di roba e qua e là, infilate negli angoli in attesa di essere sistemate ci sono numerose pile di oggetti. Era arrivato il momento di cambiare e io ho trascorso le vacanze di Natale muovendomi come un turbine per la casa, aiutando i ragazzi a sistemare le loro cose, a scartare ciò che non volevano più e a svuotare le antiche pile di detriti dimenticati della loro adolescenza. In effetti, il flusso era così vigoroso che hanno fatto fatica a starmi dietro e a un certo punto uno di loro ha chiesto: “Mamma, ti sei drogata?”. Ah! No, sto solo mantenendo l’equilibrio nell’impeto del cambiamento. È stato un gran lavoro, ma dopo aver consumato l’aspirapolvere e aver fatto un paio di viaggi al negozio di seconda mano sembra proprio che la mia casa respiri di nuovo! Una cosa simile sta accadendo anche con alcune cose fisiche che ho tollerato per troppo tempo. È emerso un profondo “basta” insieme alla determinazione di prendermi cura del problema in ogni modo necessario – fisioterapia, massaggi, chiropratica, ecc. – e smettere di soffrire! In altre parole, al momento la spinta a eliminare il disordine estraneo e l’energia bloccata da tutte le parti della mia vita in pratica è inarrestabile.

Mi sono chiesta cosa mi avesse spinto a fare tutti quei cambiamenti e mi sono ricordato delle parole di Adamus nella recente canalizzazione per gli Angeli del CC: Tutto ciò che non è radicato e accettato dall’umano risentirà degli effetti della [Croce del Cielo]. Ecco perché ho detto al Crimson Circle: “Mettete in ordine la vostra casa. É in arrivo qualcosa di grande” e lo stesso vale per ognuno di voi. Mettete in ordine la vostra casa e per ognuno di voi sarà una cosa diversa. Nella giornata del 22 marzo e anche dopo,  se permetterete che le energie divine entrino e il vostro corpo non è pronto, vi farà male. Ora il punto è fare pulizia e liberarvi dalle cose che non vi servono più.

Non ho deciso in modo consapevole di “mettere in ordine la mia casa” come una specie di preparazione alla Croce del Cielo, ma sembra che stia accadendo in ogni caso e per fortuna il mio Sé mi ha mostrato un modo per restare in equilibrio. Radicarmi dentro di me aiuta molto quando i venti del cambiamento diventano un turbine. Sentire le dolci radici del mio Sé che si fanno strada attraverso il mio essere fisico è un’esperienza molto bella da permettere. Certo, avviene “solo” nella mia immaginazione, ma in realtà tutto ciò è già la mia immaginazione e quindi perché non lasciare che sia meraviglioso?

Quando le cose si fanno veloci e folli c’è un detto: “Sali, siediti, stai zitto e tieni duro”. Io aggiungerei “Allaccia le cinture”, cioè lasciate che le radici del vostro Sé si muovano dolcemente nel vostro essere. Ciò renderà il  viaggio sarà molto più tranquillo e armonioso.